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Parto da casa con poche idee, poca energia, tanti pensieri in testa non necessariamente positivi, ma con la voglia di calpestare la prima neve. Attraverso in auto le “mie” Dolomiti lanciato verso le perle custodite nel Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo. Bassa stagione, alberghi chiusi, poche auto per la strada, i cannoni da neve già in azione; in cima al passo un cielo color panna, una luce glaciale, la prima neve, il freddo; intorno un mare di roccia dolomitica. Poche cose nello zaino, solo tre ore a disposizione, mi avvio poco convinto per il sentiero. Il tempo di entrare nella foresta di pino cembro e subito un picchiettio. Lo vedo, una femmina del raro (150-200 coppie in Italia) ed elusivo picchio tridattilo; specie alpina, amante dei boschi maturi e ben strutturati d’alta quota…di quelle che piacciono a me. Lo avevo osservato solo in un’altra occasione in Mongolia, 9 anni fa, e gli avevo dato un tacito appuntamento nelle Dolomiti; a quanto pare quel giorno è arrivato. So che i picchi non sono mai confidenti e così mi limito ad osservarlo, nell’attesa che sparisca chissà dove. Un piccolo colpo d’ali ed eccolo raggiungere la parte bassa di un tronco, a 3 metri da me, totalmente incurante della mia presenza. Ogni tanto la natura fa questi regali. Le successive tre ore passano in un baleno, i pensieri spariscono; gli alberi che sceglie sono sempre bellissimi, dalle forme contorte, coperti da licheni, piegati dal freddo. Per lui non esisto e così ho l’occasione di ritrarlo in tutti i modi. La foto più particolare è questa, in cui grazie ai raffinati grafismi del suo piumaggio, il tridattilo si fonde nel suo mondo fatto di ruvida corteccia e verdi licheni.